Siamo chiamati a decifrare il codice della nostra anima, affinché si possa cogliere il senso compiuto della nostra presenza nel mondo.
Il celebre mito di Er, descritto da Platone nel X libro della Repubblica, ci propone proprio la centralità della libera scelta con cui ognuno di noi sceglie il proprio destino: Er, morto in battaglia e resuscitato dopo dodici giorni, racconta agli uomini il destino che li attende dopo la morte, sottolineando come non sarà il dèmone a scegliere le anime, ma le anime a scegliere il dèmone, per cui la responsabilità etica non è del dio, bensì degli uomini stessi che hanno liberamente scelto tra i vari paradigmi o modelli di vita loro proposti nell’aldilà.
Ascoltiamo direttamente Platone: “Non sarà il dèmone a scegliere voi, ma voi il dèmone […]“. La virtù non ha padroni; quanto più ciascuno di voi la onora, tanto più ne avrà; quanto meno la onora, tanto meno ne avrà. La responsabilità, pertanto, è di chi sceglie. Il dio non ne ha colpa”.
Ecco perché il nostro modello di vita è da sempre inscritto nella nostra anima: scegliere la virtù, coltivare la parte migliore di noi stessi o attuare ogni giorno, con coerenza e coraggio, la nostra vocazione dipende, quindi, solo da noi.
Questo demone, che possiamo chiamare anche genio o daimon, componente ineludibile del nostro io, a volte può essere perso di vista, non coltivato, accantonato, ma prima o poi tornerà per possederci totalmente, per definire la nostra immagine, per far emergere quello che chiamiamo il “me”.
Anche lo stesso Hillman insiste con passione su questo elemento: se l’uomo si vede solamente come “un impercettibile palleggio tra forze ereditarie e forze sociali”, si riduce a statistica, a “mero risultato”, a “vittima” di un codice genetico.
Di fronte a questo non possiamo negare la nostra responsabilità e quella della società intera, che ci costringe a lavori a catena, in cui si è solo “im-piegati”, cioè piegati al sistema e al criterio unico dell’efficienza, perdendo la connessione tra la nostra funzione all’interno del sistema e la responsabilità sul risultato finale del lavoro.
È l’ora quindi di riappropiarsi della propria responsabilità, di quella che ciascuno di noi ha nel perpetuare la situazione attuale, semplicemente accettandola.
È l’ora di guardare in faccia questo “ospite inquietante”, renderci conto che il Nichilismo è un problema di tutti, perché solo allora sentiremo l’esigenza di sostenere i giovani, creare sistemi educativi che insegnino loro “l’arte di vivere, che come dicevano i Greci, consiste nel riconoscere le proprie capacità e nell’esplicitarle e vederle fiorire secondo misura“. (Hillman)